CERCARE IL VIVENTE
Nel Vangelo di Luca si legge che alcune discepole di Gesù che lo avevano seguito fin dalla Galilea a Gerusalemme, al mattino presto, si recarono al sepolcro, portando con loro gli aromi che avevano preparato.
Trovarono che la pietra era stata rimossa dal sepolcro e, entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù. (Luca 24, 1-3)
Le donne cercano Gesù nel luogo sbagliato.
Cercano il Vivente nel luogo dei morti, per questo vengono rimproverate da due uomini “in abito sfolgorante”, messaggeri divini, che dicono loro :”Perché cercate tra i morti colui che è vivo?” (Lc 24, 5), per poi aggiungere quel che avrebbero dovuto sapere: “Non è qui, è risorto”.
“Perché cercate tra i morti colui che è vivo?” è il messaggio evangelico valido per sempre e per tutti.
Non si può cercare nel luogo dei morti chi è vivo.
Anche noi, come i primi discepoli, siamo invitati a domandarci “Che cosa stiamo cercando, un cadavere o un vivente?”
Se cerchiamo un vivente non possiamo trovarlo nel luogo di morte.
Nel Vangelo di Giovanni, Gesù si rivolge alla discepola e la chiama per nome: “Maria!”
Finalmente lei si volta, lo riconosce e gli dice: “Maestro!”.
Il voltarsi, da parte di Maria, non indica soltanto un atteggiamento fisico, ma spirituale, è segno della conversione necessaria e indispensabile per l’incontro con il risuscitato.
Quando Maria smette di guardare al passato, percepisce la realtà del presente; quando non cerca più il morto, trova il vivo.
Sentirsi chiamati per nome è già inizio di vita eterna!
BRACCIA APERTE
Le braccia aperte di Gesù sulla croce sono un invito all’accoglienza, alla fraternità e alla solidarietà tra di noi e soprattutto verso le persone più deboli e bisognose di aiuto.
Accogliere significa diventare umani e fare come ha fatto la terra nei confronti dell’umanità.
Dobbiamo ricordarci che siamo tutti ospiti su questo pianeta terra, sentendoci parte dello stesso destino e responsabili per costruire un futuro dove ognuno si senta accolto e amato nel grembo di madre terra. L’accoglienza è far esistere una persona umana, così come è avvenuto per ciascuno di noi quando siamo stati accolti nelle braccia dei nostri genitori, abbandonando il grembo materno e sentendoci accarezzati dalla luce della vita.
Per cui, non si può essere umani senza l’accoglienza degli altri, senza tenere le braccia aperte come quelle di Gesù sulla croce.
Tanto più per essere cristiani , perché l’accoglienza è una esigenza evangelica fondamentale.
Senza lo stile dell’accoglienza, forse uno può sentirsi un bravo cattolico, ma non è cristiano.
L’accoglienza è uno stile di vita che ci permette di capire il clamore dei poveri e il gemito di coloro che vengono scartati, aiutandoci a percepire le ingiustizie sociali e stimolandoci a mettere in atto percorsi di giustizia e di pace, e non più di assistenzialismo, rimuovendo così le cause che generano questi fenomeni migratori.
L’accoglienza è anche uno stile di vita che ci aiuterà ad accogliere meglio il vicino di casa, come pure quello dentro la nostra casa.
Allenandoci così ad accogliere il diverso, che a volte non è tanto lo straniero e l’immigrato, ma quello che abita con noi.
Accogliere non significa dire “poverino” e offrire appena l’elemosina, ma vuol dire far entrare nella nostra vita la diversità nella sua complessità, fino a cogliere quale percorso mettere in atto per liberarci gli uni e gli altri da una globalizzazione disumanizzante e depredatrice di madre terra.
La Pasqua di Gesù è un esodo, un passaggio, anche di pensiero e di azione, è aprire le braccia e tenere caldo il cuore, per non morire prima del tempo.
La nostra vita è troppo corta per essere piccola!
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